domenica 24 luglio 2016

Su può dare di più... ma con gioia però... se no non ne vale la pena!

Spesso osservo intorno a me e vedo  tante persone volenterose, che si spendono per gli altri, che danno il massimo, a volte tutto. Non sono tutte uguali però nel donare. Mi sembra di poter distinguere con chiarezza chi dona, dà tanto senza chiedersi se altri fanno altrettanto. Danno, seminano intorno a loro amore e disponibilità, anche quando costa fatica, perché hanno compreso che così facendo la vita acquista un senso di pienezza oppure semplicemente perché possono farlo e sentono che quindi è giusto farlo.
Ci sono altri invece che danno tanto, possono farlo e sanno di poterlo fare, ma si guardano continuamente indietro per vedere se altri fanno altrettanto. E si lamentano e recriminano perché inevitabilmente trovano sempre qualcuno che non si impegna come loro, che non si dona come loro. Così facendo non si gustano la gioia del dono ma anzi si sentono vittime di una ingiustizia e quasi quasi invidiano chi dà di meno o comunque vorrebbero che anche gli altri si impegnassero tanto quanto si impegnano loro. Così stanno lì a misurare  e la fatica la sentono persino di più.
Insomma entrambe le categorie di "donatori" sono ammirevoli per quanto fanno.
Ma solo i primi sono contenti e vivono  magari un pò stanchi,  ma anche soddisfatti e sereni e perciò pronti a ricominciare ogni giorno.
Gli altri invece, vivono male il loro donarsi e a causa delle loro recriminazioni si perdono la parte migliore del dono che ha un valore in sé inestimabile.
Come apprendista voglio esercitarmi nel dare  quello che posso senza misurarmi su quanto danno o fanno gli altri ma solo su quanto posso fare o dare io di più o di meglio in base ai doni che ho ricevuto a mia volta dalla vita. Voglio fare in questo modo perché so che questa è la strada della felicità... non perché la felicità  si possa raggiungere in modo diretto e completo ma perché osservo che diviene una normale conseguenza del donare con gioia.

"Se  non io chi?
Se  non ora quando?
Se lo faccio solo per me stesso chi sono io?
(Rabbi Hillel)

domenica 10 luglio 2016

Alla fine cosa resta veramente?

A fine anno, prima delle attese vacanze estive, si tirano le somme di come sono andate le cose, di quanto è stato fatto o non fatto, dei risultati raggiunti. Ci si rende conto di obiettivi trascurati, persone perse di vista, propositi di inizio anno mancati. Ma alla fine dei conti cosa resta veramente? cosa conta?
Veramente sono i risultati l'unico criterio? Certo è importante verificare se "i conti tornano" . Ma mi sto sempre più rendendo conto che quello che conta è proprio il cammino fatto giorno per giorno. Gli incontri con le persone sopratutto. Le emozioni che questi incontri mi hanno trasmesso nella loro drammaticità o nella loro stupefacente bellezza.
Ciò che conta è seminare con costanza e curare il seme, senza preoccuparsi troppo del raccolto che a volte è abbondante e a volte meno.
Ma tutta la vita che c'è in mezzo tra la programmazione e la verifica è ciò che conta e ciò che resta.
E posso contemplare le meraviglie che ogni giornata ha portato con sé durante quest'anno e tirare il fiato per riprendere con ancora più entusiasmo e forza il cammino e la semina.
E' proprio vero che si può vincere o si può perdere ma ciò che conta è giocare la partita e dare tutto senza preoccuparsi se altri fanno lo stesso, perché è cosi che si coglie  il senso del proprio andare...
Camminando s'apre il cammino e ogni anno e ogni stagione si ripete solo apparentemente in modo ciclico e uguale... la novità irrompe sempre e rende ogni anno unico.
Grazie a tutti i compagni di questo cammino, compagni occasionali, provvisori o fratelli di vita... perchè "Alla meta ci sia arriva cantando o non ci arriva nessuno" (MCR)

Mentre ripenso a queste cose mi viene in mente un articolo che ho scritto per il nostro giornalino Centr'Avanti alla fine di un altro anno convulso in cui ci sembrava di non avere prospettive per il futuro 5 anni fa e sono andato a ricercalo sulla mia pen-drive:

"COME SI FANNO I BILANCI? SIAMO IN PERDITA VERAMENTE?
Anche quest’anno sociale volge al termine ed è già tempo di bilanci… Ma con quale criterio va fatto un bilancio? Oggi il criterio dominante in modo quasi esclusivo  è quello economico… entrate e uscite…  o quello quantitativo… quanti ragazzi sono venuti, quanti volontari, quante licenze medie e quanti attestati…
Questa logica va bene per un centro commerciale, per  un azienda ma è molto pericolosa quando diventa anche il criterio principale in educazione e nell’intervento con le persone…
Molti si rivolgono a noi affascinati dalla prassi educativa e tanti ci chiedono aiuto perché accogliamo tutti quei ragazzi che altre agenzie formative  allontanano con motivazioni più o meno valide… ma comunque allontanano… molti si rivolgono a noi anche per dare una mano…
Ma incredibilmente ai rappresentanti delle istituzioni, nel pubblico, nel privato e anche  tra i religiosi… interessa sapere solo quanto costa… “quante entrate avete?…” ,“ come vi sostenete?”….
Da una parte è comprensibile:  ogni famiglia, comunità, Stato,  deve poter essere sostenibile… ma è chiaro che questo può avvenire in modo diverso e che inevitabilmente alcuni intereventi di prevenzione, sostegno e recupero sono economicamente a perdere… ma sono anche un investimento per evitare perdite maggiori in futuro… (recuperare una persona in carcere o in comunità per tossicodipendenti costa almeno 15-20 volte di più… per non parlare dei costi sociali, umani della persona coinvolta e di tutte quelle che lo circondano…)
Pensare alla scuola, alla sanità e all’educazione con gli stessi criteri delle aziende è aberrante… certo la “scusa” pronta che ognuno utilizza è: “c’è la crisi…” ma noi crediamo che proprio in tempo di crisi occorre scegliere meglio come investire le risorse che ci sono…
Ora se il criterio per fare del bilancio di quest’anno è quello economico avrete intuito che siamo in perdita… abbiamo accumulato solo debiti… ma se adottiamo il criterio della qualità delle relazioni tra ragazzi e operatori, il senso di comunità e di corresponsabilità, la crescita in umanità, competenze e autostima allora ci sentiamo molto ricchi… abbiamo ricevuto tantissimo e messo in circolo tutto quello che avevamo e alla fine… pur stanchi… ci ritroviamo pieni di voglia di ricominciare! ....
Invece di chiederci solo quanto costa   ci chiediamo anche quanto vale… quanto vale un ragazzo recuperato? Quanto vale un ragazzo che ha deciso di riprendere la scuola? E un ragazzo che ha deciso di uscire dalla devianza e di andare a lavorare?  E uno  che ha riscoperto di avere delle competenze, che ha ripreso a credere in se stesso, che si è sentito accolto? Quanto vale?"