domenica 7 ottobre 2018

Prima gli italiani!?!


Quando avevo 14 anni e la comunità europea muoveva i primi passi mi fecero fare a scuola un questionario che mi è rimasto sempre impresso. Mi chiesero tra le altre cose se mi sentivo di più un cittadino di Roma, d'Italia, D'Europa o del Mondo. Istintivamente risposi di Roma (avrei voluto addirittura dire della Roma!), poi d'Italia. Il resto mi sembrava troppo lontano. 
Crescendo e girando un po' il Mondo e soprattutto incontrando tante diverse persone,  la mia scala di appartenenza si è necessariamente e decisamente invertita. 
Condividendo pezzi di vita con persone di culture, nazioni, religioni diverse mi si è aperto – proprio come si dice - un mondo. Il mondo.
Oggi mi sembra di sentire tante persone – ma ahimè ben più adulte dei 14enni di ieri e di oggi– che continuano a pensare che l'unica appartenenza che avvertono è sentirsi parte della propria città e nazione. Gli altri sono avvertiti come stranieri ed estranei possibilmente da tenere lontani con tutti i mezzi possibili. 
E' per questo, credo, che chi dice “prima gli italiani!” ha ragione su un punto: dobbiamo cominciare dai nostri concittadini a far comprendere che l'essere nato in una città o in un'altra, in una cultura o nazione, in una famiglia ricca o povera o disperata è un accidente e non un merito personale. Che per poter giudicare la vita di un altro bisogna essersi messi nei suoi panni, occorre toccare con mano la sua situazione. E allora forse si capisce perché si lascia tutto per provare a cercare una vita migliore. Che spesso la storia la scrivono i ricchi ma ne fanno parte tutti. Che è giusto cercare di far crescere ogni cultura e stato ma che il mondo è uno ed è giusto che se io - nato in Italia - ho avuto diritto ad un passaporto che mi ha consentito di girare e conoscere il Madagascar, il Paraguay, l'Albania... è giusto pensare che la stessa cosa deve essere permessa a chi proviene da questi e da qualsiasi altro paese.
Ma “prima gli italiani!” significa per me investire tempo e spazio nel dare la possibilità a tanti  amici e concittadini di uscire dall'ignoranza (nel senso di non conoscere proprio) il valore della persone, delle lingue, delle diversità umane perchè non si facciano prendere dalla paura del diverso e sopratutto non cerchino privilegi personali ma la crescita di tutta la comunità umana almeno nella porzione di spazio e di tempo dove sono/siamo capitati. 
Più che la scuola possono aiutare esperienze personali di incontro che dovrebbero poter fare tutti gli italiani. 
Io spero che “Prima gli italiani!” voglia significare che siamo i primi a comprendere che l'accoglienza è il primo nome della pace, che la giustizia e la politica significano mettersi in gioco in prima persona, fare la propria parte sempre e comunque ciascuno secondo le proprie possibilità.
Purtroppo ancora non è così. Ma la colpa non è solo dei politici che fanno la voce grossa. La responsabilità è di ciascuno. Di ogni uomo e donna. E' anche mia e tua! Soprattutto quando ci contrapponiamo di fronte alle difficoltà cercando prima il proprio interesse piuttosto di metterci insieme a ragionare e a cercare con creatività ed entusiasmo le risposte possibili...