domenica 28 febbraio 2016

A.A.A. Cercasi spazi di vita interiore

Mentre cerco di proseguire il mio cammino personale da più parti ricevo l'invito ad andare in profondità dentro me stesso.  Vivere spazi di interiorità a guardami dentro. Andare dentro le stanze della mia vita, entrare in dialogo con me stesso, attingere alle profondità del cuore. Mettermi in silenzio e in ascolto per scoprire la ricchezza che c'è dentro e fuori di me. Tutto molto bello!
Ma di questi tempi mi sto rendendo conto che  è sempre più difficile... occorre chiudere le finestre verso l'esterno, almeno per un pò, altrimenti diventa impossibile concentrarsi. Le finestre sempre aperte che mi impediscono di guardarmi dentro? Il cellulare con tutte le sue APP e Social, il PC, internet, la TV... ci sono sempre una o più finestre aperte che mi distraggono costantemente... rumori di fondo...
Sento che  è importante cercare dentro di me per scoprire sempre meglio il mio cammino personale, per dialogare con me stesso e per ascoltare la presenza di Dio dentro di me fonte di una gioia indicibile. Nello stesso tempo sento che questo ha un senso se non mi chiudo totalmente in me stesso ma se sono aperto agli altri, ai compiti che la vita mi mette di fronte ogni giorno. Come sempre occorre trovare il giusto equilibrio.
Nel telefono che squilla c'è l'altro che mi interpella ma non ogni notifica è degna della stessa attenzione, in alcune si nascondono sirene che portano fuori strada.
In certi momenti occorre chiudere tutto, fare silenzio,  andare in profondità dentro di me, esplorare e interrogarsi. scoprire e riscoprire nelle intimità più profonde la presenza di Dio che mi aspetta per amarmi.
Se non rispondo sempre e subito all'ultimo Wapp o SMS di solito non succede nulla. Magari mi aiuta pensare che l'umanità è andata avanti per millenni senza... ma se sono collegato con tutti e scollegato costantemente da me stesso rischio di perdermi, diventare superficiale e forse a questo punto chissà cosa posso dare o rispondere?
Ogni giorno arriva il momento di chiudere le finestre e il momento di riaprirle!
Devo chiuderle con decisione non solo per stare con me stesso ma anche per essere presente a me stesso mentre sto con un'altra persona. Sempre di più capita di essere in tre o quattro mentre si dialoga: io-tu-cellulare di io e cellulare di tu... praticamente una folla... un colloquio intimo diventa come parlarsi in una piazza piena di gente... ma questo è un altro aspetto sul quale continuare ad apprendere...



domenica 14 febbraio 2016

Etica per erranti: Scegliere l'atteggiamento dell'apprendista

Ogni tanto la domenica vado a spulciare tra i miei vecchi libri, qualcuno mi ispira subito, lo apro, lo sfoglio e mi metto a leggere le parti sottolineate. Alcune pagine hanno una orecchietta che indica  che quella pagina mi è particolarmente piaciuta...
Oggi ho in mano ETICA PER ERRANTI di Ricardo Peter. Cercavo oggi questo libro forse perchè mi voglio rimettere in cammino all'inizio della Quaresima, forse perchè è qualche giorno che rifletto sui miei errori... ecco la pagina che più di tutte mi rimanda al mio percorso di apprendimento e di crescita come uomo:
"L'idea secondo cui per evitare l'errore si dovrebbe temerlo, oltre che sbagliata, addirittura postula quello stesso errore che si vorrebbe evitare... di conseguenza il perfezionista finisce per commettere gli errori che teme di più e che vorrebbe evitare, con il risultato paradossale di rafforzare ancora di più la sua tendenza al perfezionismo. In realtà le cose possono riuscire male a tutti e cercare di evitarle è la causa che queste cose riescano ancora peggio. Quale alternativa c'è al temere l'errore? Cambiare la prospettiva che abbiamo sull'errore. Invece di temerlo, avere la disposizione a vedere dei vantaggi nell'errore commesso. Scegliere l'atteggiamento dell'apprendista. Grazie all'errore posso ampliare l'orizzonte della conoscenza di me stesso e della vita. In questo modo si dà all'errore il posto che merita: quello di provvederci più informazioni e più esperienza".
Invece di pensare alla paura di sbagliare che ci fa sbagliare... pensare ad agire sapendo che se sbagliamo possiamo crescere imparando dagli errori commessi...

E' bello riflettere sul fatto che ERRARE ha un doppio significato... ma in effetti solo chi "cammina" sbaglia ma solo sbagliando e riconoscendo l'errore si "cammina" realmente... e a volte sbagliando strada, si fanno scoperte inaspettate... mentre scrivo alzo gli occhi, sulla scrivania ho una bacheca, dove - forse è lì da quasi trent'anni - c'è un segna-libro ormai ingiallito con una frase che su questo mi ha accompagna da sempre: "RIMARRAI ESITANTE DI FRONTE AD UNA SCELTA PER PAURA DI SBAGLIARE? FELICE COLUI CHE SI TOGLIE LA MANO DAGLI OCCHI E CORRE IL RISCHIO DI AVANZARE SOSTENUTO DALLA SOLA FIDUCIA NELLA FEDE" (Frere Roger)
Bè in effetti così è più facile non farsi prendere dalla paura, non è un salto nel buio ma è mettersi nelle mani di Qualcuno che mi ama e mi guida anche attraverso gli errori... certo che vale la pena correre il rischio di avanzare!

domenica 7 febbraio 2016

Non è colpa mia!

Quando ero ancora uno studente (si lo so secoli fa...) per l'esame di psicologia sociale mi sono imbattuto in un libro dal titolo "L'attribuzione causale", ma il messaggio del libro l'ho colto solo molto dopo, relazionandomi con le persone e soprattutto con i miei maestri, i ragazzi.
Quando qualcosa non va per  il verso giusto a molti  viene spontaneo prendersela con qualcun altro, o  con il destino  ma capita anche che quando le cose vanno bene e  non poche persone attribuiscono il risultato alla fortuna, al caso, alla bravura di altri...
Ricevo invece  sempre una bella lezione di vita, come mi è capitato in questi giorni,  quando sento qualcuno dire: "scusa, ho sbagliato, cercherò di fare meglio". Che significa  mi assumo la responsabilità delle mie azioni e penso che sono in grado di fare diversamente. Sembra una cosa da  poco, ma  si liberano delle energie inaspettate.
Come al solito questa cosa riesce più facile ai ragazzi che a noi adulti...
In effetti chi dà la colpa sempre  a qualche fattore esterno è prigioniero del "destino infame" e non vede prospettive di cambiamento e di crescita.
Chi invece sa distinguere i condizionamenti esterni dalle proprie scelte personali ha una marcia in più. Si sente libero di scegliere e responsabile delle proprie scelte.
Tecnicamente lo chiamano "locus of  control" ma io sono un apprendista non uno studioso e osservo le persone intorno a me... c'è chi si lamenta e si giustifica e chi si rimbocca le maniche e si dà da fare. E la  differenza si vede nel modo di affrontare la vita.
Così vedo dei ragazzi che crescono e "resistono" di fronte a situazioni oggettivamente difficili (poi spero che prima o poi qualcuno sappia dirmi perché il grado di difficoltà della vita può essere così diverso tra un ragazzo e un altro...) e altri che si identificano con le loro disgrazie e si sentono senza via di uscita.
Forse si tratta di fare la scoperta che come esseri umani ci rimane sempre la possibilità di scegliere.
E scegliere invece di subire la nostra vita cambia già tanto le cose.
Certo non basta, serve anche una buona dose di forza  di volontà per scegliere quello che è bene anche potendo fare il male... ma su questo abbiamo tutti da imparare... magari provando a capire su quali forze attingere... ma è un altro discorso...