sabato 3 settembre 2016

Quel "lupo della steppa" dentro di me

Nel mio percorso di apprendista uomo i libri e, tra  questi, i classici, a volte mi aiutano a riflettere e a confrontare le mie esperienze con quelle di personaggi creati ad arte per esprimere delle situazioni tipiche. Mi piace confrontarmi con loro per capire cosa mi corrisponde e perché.
Così questa estate ho ripreso anche un libro  letto a venti anni e poi rimasto in libreria. Un classico di Hesse di cui in quel periodo della mia vita credo di aver letto quasi tutto.
 
Il lupo nella steppa: un libro  che parla di un uomo a ridosso dei suoi cinquant'anni (io quest'anno appunto ne ho compiuti 48....). Un uomo in crisi nel tentativo di leggere il suo tempo con la modernità che incalza e che a volte è poco comprensibile o sembra superflua. Che tenta di  starci dentro con fallimenti e successi e nello stesso tempo deve cercare dentro di sé la voglia di vivere e progettare ancora facendo sintesi tra tanti aspetti diversi della propria molteplice personalità.
Uomo-lupo, spirito-corpo, ragione-istinto. Dualismi che si ripetono senza tempo nella vita di ciascuno alla disperata (ma non senza speranza!) ricerca di una sintesi.
Come non rispecchiarsi in alcune sue riflessioni, capace  di toccare  il cielo con un dito e poi di sprofondare sotto terra?

Su tutto emerge la capacità di ridere di sé stessi, l'umorismo, come strada per accettarsi senza distruggersi e senza cadere in sterili sensi di colpa ogni volta che si ricade nei propri limiti.
 
“Soltanto l'umorismo (la trovata forse più singolare e più geniale dell'umanità) compie l'impossibile, illumina e vince tutte le zone della natura umana alle irradiazioni dei suoi prismi. Vivere nel mondo come non fosse il mondo, rispettare la legge e stare tuttavia al di sopra della legge, possedere come se non si possedesse, rinunciare come se non fosse rinuncia: tutte queste esigenze d'un alta saggezza di vita si possono realizzare unicamente con l'umorismo”.

“tutta la vita è così, caro mio, e bisogna prenderla com'è; e chi non è asino ci ride. La gente come lei non ha diritto di criticare la radio o la vita. Impari prima ad ascoltare! Impari a predere sul serio quel che merita di essere preso sul serio, e a ridere del rimanente!... dovrà dunque abituarsi ad ascoltare ancora la radio della vita. Le farà bene.... Lei deve imparare a ridere, questo è richiesto. Deve comprendere l'umorismo della vita.”

 Mi sembra importante comprendere che mentre cerco di camminare e di migliorarmi posso migliorare anche la capacità di ridere di me stesso  e di alcune situazioni che si ripetono senza tempo, senza indugiare troppo ma anche senza drammatizzare troppo...

E' bello vedere che emerge nell'uomo, nel suo intimo più profondo una continua domanda di senso  e di ricerca del senso ultimo della vita.
“Chi leggeva al di sopra del Reno la scrittura delle nubi e delle nebbie migranti? Il lupo della steppa. E chi cercava al di sopra delle macerie della vita il senso svavillante, soffriva le cose apparentemente insensate, viveva le apparenti pazzie e, nel caos sconvolto, sperava segretamente la rivelazione e la vicinanza di Dio?”

“l'uomo non è una forma fissa e permanente (questo fu nonostante le intuizioni contrarie dei suoi sapienti, ideali dell'antichità), ma è invece un tentativo, una transizione, un ponte stretto e pericoloso fra la natura e lo spirito. Verso lo spirito, verso Dio lo spinge il suo intimo destino; a ritroso, verso la Natura, verso la Madre lo trae la sua intima nostalgia: tra l'una e l'altra di queste forze oscilla la sua vita angosciata e tremante”.
 
“Ma di quel postulato suopremo che impone di aspirare a diventare uomo secondo lo spirito, di percorrere l'unica stretta via dell'immortalità, egli ha paura in fondo all'anima.... e non vuol rendersi conto che quel disperato attaccamento all'io, quel disperato rifiuto di morire è la via più sicura per arrivare alla morte eterna, mentre il saper morire, il saper spogliarsi e abbandonare l'io alle metamorfosi conduce all'immortalità”.

Riprendo il cammino sempre più convinto di dover morire a me  stesso per continuare a vivere e consapevole della  necessità (e del piacere) di dialogare con il "lupo della steppa" dentro di me, solitario e istintivo, a volte scorbutico, ma anche parte di  ciò che sono... devo  stare attento a non assecondarlo troppo ma, certe volte, devo ascoltarlo di più. L'istinto a volte aiuta a cogliere  aspetti della realtà che sfuggono

al ragionamento.
E poi... un po' lupetto lo sarò sempre... chissà perché...


 

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